domenica 19 ottobre 2014

IL CONCILIO VATICANO II FU OPERA DELLA MASSONERIA, DEL B'NAI B'RITH E DEI GESUITI

B'nai B'rith e Vaticano II

Non si può trattare del B'nai B'rith senza un breve excursus nel campo dove, con credibile certezza, esso ha raccolto i risultati più vistosi, ponendo le premesse definitive per il compimento dell'azione secolare della Controchiesa, dopo un lungo e metodico lavorio di penetrazione e conversione agli ideali terreni ebraici della Chiesa cattolica, approdato nel Concilio Vaticano II25.
Scriveva all'uopo Elia Eberlin: “Israele compie infaticabilmente la sua missione storica di redenzione della libertà dei popoli; (è) il Messia collettivo dei diritti dell'uomo”26. Parlare di un Messia, e quindi di un dio, collettivo, è proclamare - come si è ripetutamente ricordato - la sola realtà della divinizzazione dell'uomo e di conseguenza dell'unica religione dell'Umanità. Con tutte le conseguenze che questo comporta: “L'Umanità nella sua totalità è allora il solo Dio personale e il Cristo è la realizzazione o la perfezione di questa persona divina”. E un cammino “attraverso il caos del mondo verso il Cristo-cosmico”27, proclamava l'eretico Teilhard de Chardin col plauso e sostegno di un cardinale di Santa Romana Chiesa, il gesuita Henri de Lubac.
Non si intende qui descrivere e commentare gli intrighi che hanno dato vita alle due principali, assolutamente rivoluzionarie e sconvolgenti, Dichiarazioni Dignitatis Humanae e Nostra Aetate del Vaticano II, peraltro sufficientemente presi in considerazione nel libro del padre Wiltgen le Rhin se jette dans le Tibre28. Ci limiteremo quindi solo a qualche aspetto. Segnaliamo fra l'altro che Nostra Aetate Award è diventato il nome di un prestigioso premio assegnato dall’Institute for Christian-]ewish Understanding americano, per premiare coloro che hanno favorito il dialogo ebreo-cristiano. Finora il premio è stato assegnato al cardinale di Parigi Jean-Marie Lustiger, “primo porporato della Chiesa cattolica a dichiarare apertamente la propria irrinunciabile identità ebraica”29, al Gran Rabbino di Francia René-Samuel Sirat, presidente della Conferenza europea dei Rabbini, al cardinale John O' Connor, al senatore Joseph I. Lieberman (n. 1942), membro del C F R , al cardinale di Baltimora William H. Keeler (decorato anche dell'Americanism Award, ordine d'onore dell'Anti-Defamation League del B'nai B'rith), a Krister Stendahl della chiesa luterana svedese, al rabbino Mordecai Waxman, al cardinale Edward J. Cassidy e al rabbino Irving (Yitz) Greenberg.

Ebbene, prima della discussione e dell'approvazione dei due documenti succitati venne fatto circolare fra i Padri del Concilio uno scritto anonimo30 intitolato l'azione giudaico-massonica nel Concilio che, però, a dire di mons. Graber, “fece poca impressione”. Lo scritto intendeva mettere in guardia i Padri contro un'azione condotta dal B'nai B'rith mirante, attraverso il gesuita cardinale Bea, ad un pronunciamento del Concilio nel senso di scagionare il popolo ebraico da ogni responsabilità sulla morte di Cristo, da imputarsi invece a tutta l'umanità, anche se palesemente in contraddizione con l'insegnamento del Divin Maestro (Mt. 22, 1-14), e col racconto dei testimoni della Sua Passione e della Scrittura.
Un'approvazione in tal senso avrebbe avuto come logica conseguenza di fare apparire i quasi venti secoli di cristianesimo come un'era di persecuzione ingiusta e senza fine da parte dei cattolici nei riguardi degli ebrei: un debito incommensurabile e imperdonabile che avrebbe richiesto da parte cattolica un lungo e proporzionato itinerario di riparazione. Il 19 novembre 1963 il quotidiano francese Le Monde annunciava: “l'organizzazione ebraica internazionale B'nai B'rith ha manifestato il desiderio di stabilire relazioni più strette con la Chiesa Cattolica. Tale Ordine ha sottoposto ora al Concilio una dichiarazione nella quale si affenna la responsabilità dell'intera umanità per la morte di Cristo. Se tale dichiarazione verrà accettata dal Concilio - ha dichiarato Label Katz, Presidente del Consiglio Internazionale dei B'nai B'rith - le comunità giudaiche cercheranno i mezzi per collaborare con le autorità della Chiesa”. 
Azione intrapresa e portata a termine da parte ebraica soprattutto ad opera di tre personaggi: Jules Marx Isaac, scrittore e storico francese affiliato al B'nai B'rith, principale teorico e promotore della campagna contro l'insegnamento tradizionale della Chiesa”. Label Katz, allora presidente del B'nai B'rith, e Nahum Goldmann, presidente del Consiglio Ebraico Mondiale. Ad essi se ne affiancarono altri, come il massone polacco Joseph Lichten, agente dell’ADL, operante in stretta collaborazione col cardinale Bea, membro della Commissione internazionale per le Relazioni religiose col Giudaismo, delegato a Roma per il B'nai B'rith e che sarebbe stato presente in veste di delegato del Congresso Mondiale Ebraico alla cerimonia per l'intronizzazione del connazionale Giovanni Paolo II32; Marc Tanenbaum, unico rabbino presente al Concilio (1926-1992) appartenente all'American Jewish Committee e sponsor di rilievo del Lucis Trust.
Il susseguirsi degli avvenimenti è noto: il 20 novembre 1964, nel corso della terza sessione conciliare, l'assemblea dei vescovi, arcivescovi e cardinali, approva a larghissima maggioranza uno schema concernente il nuovo atteggiamento della Chiesa Cattolica nei riguardi degli ebrei e del giudaismo. Sotto la copertina di un necessario ecumenismo all'insegna della fraternità e delle comuni origini, gli ebrei da “perfidi”, come per molti secoli erano stati definiti nelle preghiere del Venerdì Santo, divenivano i “fratelli maggiori” dei cattolici, riconoscendo in tal modo che la Chiesa per due millenni si era ingannata e doveva ora procedere a fare ammenda. La decisione, ratificata il 14 ottobre 1965, era per un cattolico di allora sbalorditiva, come incredibile appare a tutt'oggi che i Padri conciliari avessero potuto ignorare l'essenza dell'ebraismo talmudico moderno.I 1651 Padri conciliari avevano così votato la riforma dell'insegnamento cattolico di sempre, conformemente alle direttive di Jules Isaac (e quindi del B'nai B'rith) che nei suoi libri e in ogni sua lettera, resi pubblici e in libera vendita, non facevano mistero di considerare:
- l'evangelista Matteo uno spudorato mentitore e falsario specie là dove narra la Passione evidenziando le responsabilità giudaiche nella morte di Nostro Signore Gesù Cristo; - i Padri della Chiesa come bugiardi e aguzzini che avevano diffuso nel mondo l'odio per gli ebrei su base teologica e quindi precursori di Hitler e dei suoi scherani; - la Chiesa come il più pericoloso focolaio di infezione antisemita la cui secolare dottrina aveva inculcato l'odio per la razza ebraica sfociato logicamente nella Shoà di Auschwitz e dei 6 milioni di morti vittime dei nazionalsocialisti. Né mostravano, i reverendi Padri, di conoscere il pensiero di insigni autori talmudici, anche recenti, come Elia Benamozegh, quando affermava: “La religione cristiana è una falsa religione che si presume divina. Non v'è per essa e il mondo che una via di salvezza, tornare a Israele”; o quello di A. Memmi:
 “La vostra religione è agli occhi degli ebrei una bestemmia e una sovversione. Il vostro Dio è per noi il Diavolo, vale a dire il condensato del male sulla terra”33; ovvero quanto proclamava lo scrittore ebreo Vladimir Rabi: “Tra giudei e cristiani esiste una divergenza insormontabile. Essa riguarda Gesù. Ammesso che sia storicamente esistito, per il giudeo egli non è Dio, né figlio di Dio. Tutt'al più si potrebbe ammettere, come ultima concessione, la tesi di Giuseppe Klausner: né Messia, né profeta, né legislatore, né fondatore di una religione, né Janna (antico dottore della legge, N.d.A.), né rabbi fariseo; per la nazione ebraica, Gesù è un grande moralista e un artista in parabole [...]. Il giorno in cui verrà liberato dai racconti dei miracoli e del misticismo, il libro di morale di Gesù Cristo sarà uno dei più preziosi gioielli della letteratura ebraica di tutti i tempi. Talvolta mi capita di immaginare, nell'ultimo secolo, l'ultimo ebreo vivente, in piedi davanti al suo Creatore come è scritto nel Talmud; il giudeo, legato dal giuramento, resta in piedi fin dal Sinai.
Immagino dunque quest'ultimo israelita che sarà sopravvissuto agli oltraggi della storia e ai richiami del mondo: che dirà dunque per giustificare la sua resistenza all'usura del tempo e alla pressione degli uomini? Lo sento, egli dice: “Non credo alla divinità di Gesù Cristo”. E logico che questa professione di fede sia di scandalo per il cristiano. Ma la professione di fede del cristiano non è forse di scandalo per noi giudei? Per noi [...] la conversione al cristianesimo implica la più grande bestemmia, ossia la credenza nella divinità di un uomo”34. E con altrettanta franchezza Rabi riconosceva che il libro Jésus et Israel35 di Jules Isaac, pubblicato per la prima volta nel 1948 e che attaccava direttamente la storicità dei quattro evangelisti, era “l'arma di guerra più indovinata contro un insegnamento cristiano particolarmente nocivo”. Bisogna giocoforza ammettere che qualcosa nel Vaticano II si era svolto in modo molto strano...
Perno di tutta l'operazione tesa a rovesciare le millenarie posizioni della Chiesa sull'ebraismo fu il cardinale Agostino Bea (1881-1968), alfiere presso i Padri conciliari delle idee che Jules Isaac aveva esposto nel suo citato libro Jésus et Israel, peraltro ampiamente confutato fin dal 1949 dal domenicano padre Pierre Benoit nella Revue Biblique (n. 56, 1949, pp. 610-613). Bea, già dal 1961, e col placet di Giovanni XXIII, aveva fondato e presiedeva il novello “Segretariato per l'Unione dei Cristiani”, organismo che, oltre ad un riavvicinamento con gli ebrei, perorava il decentramento del potere nella Chiesa mediante forme di collegialità democratica. Cosa - si è visto - perfettamente realizzata. 
Come non poterono i Padri conciliari non ravvisare in questo attacco frontale all'Autorità di Pietro la stessa strategia impiegata dalla massoneria per abbattere le monarchie cattoliche in Europa? Anche allora si iniziò decentrando il potere del re verso principi, duchi, baroni e conti, affiancando successivamente il monarca con un parlamento che doveva ufficialmente “aiutarlo” nella direzione degli affari dello Stato, ma in realtà contribuiva non poco a spogliarlo dei suoi poteri. L'azione massonica di corruzione capillarmente svolta fra il popolo e sfociata in rivoluzioni, seguite da costituzioni e referendum, fece il resto, fino al crollo delle monarchie, sostituite da forme democratiche facilmente controllabili da persone di fiducia della massoneria e quindi del giudaismo.

Fonte : Massoneria e sette segrete

https://app.box.com/s/5zob5rgfkj5ia9teki2a (pag. 636-639)







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